2019

Slide 1

TRIVIAL PURSUIT(E)

Domande senza risposta

Operaincerta, 14 giugno 2019

Il Trivial pursuit è il gioco di società che tutti conosciamo. Se però alla fine vi aggiungiamo una “e” (Trivial pursuite) diventa il titolo di una canzone di Renaud Séchan.
Renaud, Oltralpe è conosciuto semplicemente con il solo nome, è uno dei più famosi cantautori francesi, con al suo attivo 23 dischi e oltre 20 milioni di copie vendute, mentre nel Belpaese è pressoché sconosciuto, nonostante qualcuna delle sue canzoni siano state tradotte e incise da Alessio Lega nell’album Sotto il pavé la spiaggia.
La sua carriera musicale è iniziata all’inizio degli anni settanta quando, dopo aver provato a diventare attore e recitato in piccoli ruoli in teatro e in televisione, ha deciso, insieme a un amico fisarmonicista, di cantare e suonare nelle vie e nei cortili dei palazzi nella zona di Porte d’Orléans a Parigi.
La fortuna è arrivata quando, nel 1974, il comico Coluche li ha invitati ad esibirsi alla prima del suo spettacolo nella hall del teatro. Il discreto successo riscosso è valso loro la scrittura per le successive repliche. È durate queste esibizioni che, una sera, due produttori propongono a Renaud di incidere un disco con le sue canzoni.
Amoureux de Paname esce nel 1975 ed è l’inizio del suo successo. L’album, sarà così per l’intera sua produzione, è un condensato di ironia e leggerezza, impegno e critica sociale. Nel corso dei successivi lavori le sue canzoni toccano anche temi come i diritti dell’uomo, l’antimilitarismo, l’ecologia. Per uno che si definisce “Niente tuttista, anarco-mitterandista” (“Moi j'étais rien-du-toutiste, Anarcho-mitterandiste”, la canzone è Socialiste) non è un dettaglio da trascurare.
Socialiste (quando la canta dal vivo la definisce una “canzone d’amore e acqua fresca”) è contenuta nel suo ottavo disco, pubblicato nel 1988, Putain de camion, dedicato a Coluche, morto qualche anno prima in un incidente stradale. In quello stesso disco c’è anche Trivial pursuite, una riflessione su quanto all’epoca accadeva nel mondo (e che purtroppo accade ancora oggi). Una canzone dalla melodia lenta, delicata, che va in contrasto con il testo, parole dure, affilate, che vogliono a far riflettere chi l’ascolta.
Partiamo dal titolo. “Trivial pursuit” in inglese vuol dire, grosso modo, “ricerca nei campi dello scibile”, nella canzone diventa Trivial pursuite e l’aggiunta della “e” ne cambia del tutto il significato, diventando “banale serie di domande cretine”.
La struttura della canzone, in effetti, è a “domanda e risposta”. A ogni domanda, ciascuna su un tema importante, corrisponde una risposta. Le domande sono sempre diverse, la risposta è sempre la stessa, una “non risposta”. Per questo le domande sono “cretine”: non per le tematiche delle stesse quanto per il fatto che sono domande a cui Renaud non riesce a dare risposta. D’altra parte che risposta si può dare a chi chiede dove sia la Palestina, sotto quale volta celeste, dietro quale filo spinato o sotto quale campo di rovine? [Où est la Palestine? Sous quelle botte étoilée? Derrière quels barbelés? Sous quel champ de ruines?].
Non hanno nemmeno risposte domande del tipo “Quante vittime, quante migliaia di bambini nelle macerie dei campi diventeranno combattenti?” [Combien de victimes, Combien de milliers d'enfants dans les décombres des camps deviendront combattants?] o “Chi ha scritto che gli uomini
nascono liberi e uguali? Liberi, ma nel gregge, uguali davanti ai boia?” [Qui a écrit que les hommes naissaient libres et égaux? Libres mais dans le troupeau, egaux devant les bourreaux?].
La risposta, a queste come alle altre, è sempre la stessa: “Non ne so niente, mi arrendo, se lo sai tu, suggeriscimelo” [J'en sais rien, je donne ma langue au chagrin. Si tu sais, toi, souffle-moi.].
Nella risposta c’è un gioco di parole che occorre spiegare. Nella lingua francese per dire “mi arrendo” (nel senso di “non lo so”) si utilizza l’espressione “je donne ma langue au chat”, letteralmente “do la mia lingua al gatto”. Renaud invece canta “je donne ma langue au chagrin”, che potremmo tradurre con un “tristemente mi arrendo”. Un modo per dire che a queste domande non ci sono risposte, e qualora ce ne dovessero essere, difficilmente sarebbero belle.
D’altra parte, da che mondo e mondo, le cose belle le ha sempre tenuto per sé chi detiene il potere. Per noi sudditi, invece, sono riservate (quasi) sempre quelle brutte.