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Luca, Ragusa-Milano-Ragusa-Milano

 

Italianotizie, 4 dicembre 2018

 
Intervista a Luca Cavalieri.

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Continua il nostro viaggio tra i “cervelli ragusani in fuga”. Oggi incontriamo Luca Cavalieri, 28 anni, “Digital Media planner” per una grande azienda di comunicazione milanese.

Luca, come sei finito a Milano?
Se vogliamo essere precisi, ci sono finito due volte. La prima per l’università, la seconda per scelta di vita.

Raccontaci dall’inizio.
Dopo la scuola media mi sono iscritto al liceo classico, consapevole del fatto che avrei dovuto continuare gli studi perché, nonostante sia una scuola che ti dà una buona preparazione di base, serve a nulla o a poco se non completi il percorso con l’università. Arrivato all’ultimo anno di liceo ero ancora indeciso su quale facoltà scegliere. Da un lato ero attratto dal mondo del giornalismo, dall’altro cercavo qualcosa che fosse contigua all’attività commerciale dei miei. Avendo saputo che allo Scientifico si sarebbe tenuto un incontro con i rappresentanti di alcune università, quella mattina ho deciso di marinare la scuola e andare a dare un’occhiata. Tra le tante proposte mi ha colpito uno dei corsi proposti dallo IULM (Istituto Universitario di Lingue Moderne), e così, a 19 anni, mi sono trasferito a Milano.

Di che corso si trattava?
Era “Relazioni Pubbiche e Comunicazione d’Impresa”, e poi per il biennio di specialistica ho scelto “Digital marketing”, il marketing attraverso i canali digitali come Facebook, i blog e i siti.

E hai iniziato a lavorare subito…
In realtà ho iniziato ancora prima di laurearmi. Avevo trovato lavoro come copywriter, cioè scrivevo contenuti per siti web. Dopo la laurea, però, volevo tornare a casa e quindi, avendo vinto una borsa di studio finanziata da Unioncamere e da Google, e potendo scegliere come destinazione Ragusa, non ci ho pensato un attimo a fare le valigie. Nonostante nel frattempo avessi avuto un’ottima proposta di lavoro a tempo indeterminato.

Era così grande la voglia di tornare giù?
Vivendo fuori mi ero reso conto di quanto stessi bene a Ragusa: c’era la famiglia, gli amici, il mare, la mia squadra di rugby. Diciamo che è stata una scelta abbastanza coraggiosa, un po’ ragionata ma soprattutto di pancia.

Che lavoro facevi a Ragusa?
All’inizio ho lavorato come consulente per la Camera di Commercio, poi ho continuato da libero professionista occupandomi di social media marketing per le imprese locali. Dopo due anni e mezzo ho capito, purtroppo, che per continuare con il mio lavoro sarei stato costretto a fare un sacco di fatica, ma che non sempre sarebbe stata riconosciuta, sia a livello economico che in considerazione professionale. Spesso mi sono scontrato con clienti che mi dicevano cosa fare o cosa scrivere, senza rendersi conto di avere di fronte un professionista, una persona che aveva studiato proprio per quel tipo di lavoro. Stanco di questa situazione ho pensato che, per una mia crescita professionale, sarei dovuto nuovamente tornare a Milano. Così ho rifatto la valigia e sono ripartito.

Adesso da quanto tempo stai a Milano e che lavoro fai?
Sono qui da poco più di un anno e lavoro sempre nel settore pubblicitario. Faccio il “Digital Media planner” per una grande azienda e mi occupo di trovare per i committenti gli spazi pubblicitari più adatti alle sue esigenze, individuando i siti web e i formati più performanti per le campagne che mi vengono proposte. Un lavoro in parte creativo ma soprattutto tecnico.

Parliamo di rugby. Quando hai iniziato a giocare e perché hai scelto questo sport?
Ho giocato dai 14 ai 19 anni, quindi per tutti gli anni del liceo. Il mio primo sport, in realtà, è stato il calcio. Poi un mio amico, Giulio Ottaviano, mi ha proposto di provare a giocare a rugby e dopo la “prova” ho continuato per altri 5 anni. Anche perché all’epoca ero cicciottello, ma veloce, e nel rugby ho subito trovato quelle soddisfazioni che non avevo avuto giocando a calcio. Oltre al fatto che mi ha iniziato a dare tanto dal punto di vista dell’autostima. Quando sono andato a Milano avrei voluto continuare a giocare, ma la squadra con la quale avrei potuto si allenava in un campo che era distante circa un’ora e mezza di bus da dove abitavo e purtroppo sono stato costretto a rinunciare. Però la voglia mi era rimasta e così, quando ho vinto una borsa di studio, ho speso quei soldi per comprare un motorino e raggiungere il campo in maniera comoda e veloce. Comoda magari non tanto perché farsi 30 chilometri al giorno, magari sotto la pioggia o con la nebbia, non è il massimo, ma almeno ho potuto riprendere a giocare. Quella stagione ho vestito la maglia dell’ASR Milano.

E quando sei tornato a Ragusa hai continuato con i colori del Padua.
Sì, ho giocato una stagione con il Padua, quella della mancata promozione in B per la sfortunata sconfitta di Napoli. Dopo quel campionato ho smesso perché non riuscivo più a conciliare il lavoro con gli allenamenti e le partite.

E adesso che sei ritornato a Milano hai ripreso a giocare?
Purtroppo no. C’è sempre il problema delle distanze e poi, con il lavoro che faccio, non mi resta tanto tempo da dedicare ad altro. Adesso, quando posso, gioco a calcetto con i miei colleghi perché è un impegno che si può gestire in modo più tranquillo. E nel poco tempo libero che mi resta cerco di seguire gli eventi culturali della città. Ma in questo momento sono concentrato sul lavoro, devo rimboccarmi le maniche più di quanto non abbia fatto finora. Per fortuna so che non sarà così per sempre, ma in questo momento lo è.

Ti sei milanesizzato? Lavoro, lavoro, lavoro?
Assolutamente no! A Milano mi trovo bene ma sono e mi sento sempre ragusano. Potrei anche andare in Spagna o in Australia ma resterei comunque un ragusano. Perché, come dice il detto, “chi nasce tondo non può morire quadrato”. Poi, è vero che qui si punta all’efficienza e si lavora tanto, ma siamo pur sempre in Italia e chi non ha molta voglia di lavorare lo trovi anche qui. Per quanto mi riguarda, sto pensando alla mia crescita professionale e quindi, quando sono al lavoro, cerco di dare sempre il massimo.

Luca, cosa ti manca di Ragusa? La famiglia, gli amici, il mare o la focaccia?
Sarei tentato di dirti la focaccia ma c’è un ragazzo ragusano che ha aperto una focacceria e quindi quando sono in astinenza so dove andare. La famiglia e gli amici mi mancano, e due volte l’anno vado giù. Il mare invece mi manca solo quando arriva luglio e il caldo di Milano diventa insopportabile.

Tornerai prima o poi a vivere a Ragusa?
Mi piacerebbe, e non lo escludo, ma non nei prossimi 6 o 7 anni. A Ragusa non si vive male ma, per un percorso di crescita professionale, al momento voglio restare qui. Tra qualche anno, quando vorrò rallentare i ritmi e magari farmi una famiglia, ci penserò.