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Ridere di mafia

Italianotizie, 20 marzo 2018

 
LA GIORNATA IN RICORDO DELLE VITTIME DI MAFIA A STRASBURGO SI CELEBRA RIDENDO DELLA MAFIA.

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Domani, 21 marzo, primo giorno di primavera, si celebra la giornata la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie”. È stata l’associazione “Libera”, nel 1996, a introdurla, proponendo, ogni anno in una città diversa, la lettura dei nomi di quanti sono stati vittime delle mafie. Nel 2017 il voto unanime del Parlamento l’ha riconosciuta ufficialmente.
Da qualche anno la Giornata è uscita dai confini nazionali e in diverse città europee, ovunque ci siano nostri connazionali, in un modo o nell’altro si prova a celebrarla.
Un modo originale è quello scelto dall’Associazione “Caffè Italia Off” di Strasburgo, che domani, alla Maison de l’Image, proietterà alcuni spezzoni di quei film che hanno provato, con l’ironia, a delegittimare la mafia, desacralizzandone i miti. La manifestazione si chiama “Ridere di mafia” e uno degli organizzatori è Gianni Failla, vittoriese da anni trapiantato nel capoluogo alsaziano. Italianotizie lo ha intervistato.

Gianni, iniziamo dalla domanda che sta alla base di tutte le altre: che ci fa un siciliano, un vittoriese, a Strasburgo?
Sono andato via 15 anni fa per seguire una ragazza. Quando l’ho raggiunta eravamo arrivati a Strasburgo e già che c’ero ho messo su casa qui, con lei.

A organizzare “Ridere di mafia” è l’associazione culturale “Caffè Italia Off”. Ci spieghi che cos’è e perché si chiama così?
È un’associazione costituita qualche anno fa, quando c’era Berlusconi al governo. All’epoca non ne potevamo più di sentire dai francesi commenti critici sull’Italia, perché riducevano tutto al berlusconismo imperante.  Così, insieme a un gruppo di italiani che vivevano a Strasburgo, abbiamo creato l’associazione, con lo scopo di portare qui testimonianze di un’Italia diversa da quella che presentava Berlusconi.
Caffè per diversi motivi: per il luogo di ritrovo, per la bevanda che comunque qui proprio non la sanno fare e per la rivista letteraria settecentesca;
Italia, perché quando affrontiamo un tema, prendiamo il Belpaese come punto di vista da cui osservare le questioni. Alla fine tutte le strade portano a Roma: parlando dell’Italia finiamo per parlare anche degli amici francesi;
Off, perché fuori dall’Italia ma anche fuori dai luoghi istituzionali in cui tradizionalmente si organizzano incontri culturali. Noi organizziamo spesso nei bar, nelle sale associative, nei parchi.

Quanto è forte la presenza italiana a Strasburgo?
Diversamente dalla Lorena o dall’Alto Reno poco lontano, che hanno avuto una forte presenza di italiani nelle miniere o nelle fabbriche, a Strasburgo la presenza degli italiani è sempre stata abbastanza limitata. In anni più recenti si è intensificato l’arrivo degli italiani che orbitano intorno al Parlamento Europeo o alla ricerca universitaria, insomma quelli della “fuga dei cervelli”. Ultimamente però ci sono sempre più italiani in giro e non arrivano solo cervelli, ma anche gambe, braccia e frattaglie. Penso che sia l’effetto della crisi.

Che attività svolge l’associazione? Quali sono i suoi scopi?
Organizziamo incontri culturali spesso legati a questioni sociali che toccano anche i francesi. Abbiamo lavorato molto sulla questione dell’immigrazione, ad esempio. Abbiamo ripreso la tradizione italiana della “Notte del lavoro narrato”: il 30 aprile, aspettiamo il primo maggio parlando di lavoro attraverso brani letterari, musicali o cinematografici. Quest’anno approfitteremo del 25 aprile, oltre che per mangiare assieme la nostra tradizionale “lasagna della liberazione”, per parlare dei nuovi fascismi. A giugno di solito organizziamo una passeggiata al parco durante la quale si leggono pubblicamente brani di opere di un autore italiano: Sciascia l’anno scorso. Abbiamo parlato di mafia abbastanza spesso. L’ultima volta in un progetto che coinvolgeva la rete cittadina di mediateche e alcune scuole che hanno lavorato sull’idea dell’albero Falcone. Quest’anno invece organizziamo questo atelier, Ridere di mafia.

Perché un atelier?
Non è la prima volta che usiamo lo strumento del workshop per approfondire un tema. Abbiamo già lavorato sulla canzone italiana impegnata e anche sul racconto cinematografico della società italiana contemporanea attraverso la commedia. Chiediamo sempre che i partecipanti abbiano già una conoscenza media della lingua italiana. Durante l’atelier, fra le altre cose, puntiamo a migliorare il loro italiano. Alcuni vengono proprio per quello. Questo approccio viene dalla mia esperienza d’insegnante di lingua italiana in Francia e mi permette d’interagire più facilmente con i partecipanti. Non è una conferenza in cui si espone un fatto o un punto di vista. È un discorso che si costruisce coi partecipanti mano a mano, da un estratto filmico all’altro, che passa prima per la comprensione linguistica, poi per quella culturale, storica e politica. L’interazione coi presenti fa il resto. Fioccano paragoni con la Francia, commenti, riflessioni e persino battute. È un esercizio molto divertente che ci permette di parlare di temi importanti in modo leggero. A volte intervengono anche altri amici dell’associazione. Stavolta ad esempio lavoro insieme alla sociologa Nicoletta Diasio. Quando è possibile inoltre facciamo rete con altre associazioni. L’associazione “Vidéo les beaux jours”, domani ci metterà a disposizione una saletta proiezioni. Poi, vista la ricorrenza, non poteva mancare “Libera”, nel nostro caso rappresentata dalla neonata associazione strasburghese “Demains Libres”, che lavora con la rete di “Libera Internazionale”. Ci parleranno del giudice Pierre Michel, ucciso dalla criminalità organizzata marsigliese negli anni ’80.

Parliamo ancora di “Ridere di mafia”. L’occasione la dà la giornata alla memoria delle vittime di mafia. Ma perché parlare di mafia ridendone?
Ridere è il modo migliore per farsi passare la paura e noi siciliani sappiamo bene come la paura sia l’arma più efficace della mafia. Riderne significa puntare il dito contro il re nudo, dissolvere quell’aura di sacralità che li circonda, indebolirli.

E perché la scelta di parlarne, e riderne, attraverso i film?
Alcuni autori ultimamente hanno proposto film che riescono a mettere insieme leggerezza e informazione. È il caso di Pif con La mafia uccide solo d’estate, il film e la serie, ma anche con In guerra per amore. Anche Il divo di Sorrentino, seppure con tono e stile diverso, penso che rientri in questa categoria. O alcune cose di Cipri’ e Maresco. E anche Qualunquemente di Albanese.

Qualcuno, prima di voi, lo ha già fatto, mi riferisco a Peppino Impastato. Vi ispirate a lui?
Si, certo. Lui ha dimostrato, pagando con la vita, quanto sia intollerabile lo sberleffo per gente che ha potere solo se la si prende sul serio.

Che cosa avete in programma dopo “Ridere di mafia”?
Di antimafia probabilmente torneremo a parlare il 23 maggio, in occasione della commemorazione della strage di Capaci. Stiamo lavorando ai sottotitoli in francese di un film di Giuseppe Fava. E’ l’ultimo di un trittico di documentari su alcuni “resistenti” della nostra isola che ci ha già permesso di raccontare ai francesi Danilo Dolci e Ignazio Buttitta. Adesso ci piacerebbe spiegare loro chi è stato il giornalista catanese, e l’anniversario di Capaci ci sembra il momento più adatto.