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Un tir travestito da uomo

Operaincerta,14 gennaio 2017

 
È possibile che Jonah Lomu, il piÙ grande giocatore di rugby, fosse in realtÀ una creatura fantastica?

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Lo confesso subito: non mi piace il fantasy, non sono un appassionato di miti e leggende, mi sembrano stupidate le storie su fate, maghi, folletti.
Per questo motivo, nelle righe che leggerete (sempre ammesso che ne abbiate voglia), non parlerò di una creatura fantastica ma di una fantastica creatura, l’uomo cioè che con un battito d’ali, pardon, con una corsa inarrestabile, ha cambiato il rugby mondiale.
Sto parlando di Siona Tali Lomu, da tutti conosciuto come Jonah Lomu, oppure come il “carrarmato che correva come una Ferrari”.
Nato ad Auckland, in Nuova Zelanda, nel 1975, come tutti i neozelandesi ha iniziato a giocare a rugby a scuola mettendosi subito in luce, oltre che per la tecnica, anche per la sua velocità (il suo record sul 100 metri piani è di 10 secondi e 8 decimi).
Un metro e novantasei di altezza per 118 chili, appena maggiorenne debuttò nel campionato nazionale neozelandese e a 19 anni, un mese e 14 giorni fu convocato per gli All Blacks, diventando all’epoca il giocatore più giovane a debuttare con il mitico XV tuttonero.
L’anno successivo prese parte alla coppa del mondo del 1995 in Sudafrica e fu in quell’occasione che marcò la meta rimasta nel mito, nonostante sia lui che gli addetti ai lavori non venga considerata la sua più bella marcatura.
La partita era Nuova Zelanda-Inghilterra. Poco dopo il primo minuto Lomu riceve a metà campo l’ovale e inizia a correre in direzione dell’area di meta avversaria. Prima gli si para davanti un giocatore inglese ma Lomu lo supera agilmente, un secondo viene allontanato con un braccio, per ultimo, a pochi metri dalla fatidica linea, c’è Mike Catt, non certo un giocatore gracile. Lomu non si scompone e gli passa letteralmente sopra per poi andare a tuffarsi in area di meta (guarda il video).
Gli All Blacks non vinsero quel mondiale, perso in finale in una discussa partita con il Sudafrica ma nacque lì il mito di Jonah Lomu.
La stagione successiva fu quella del passaggio al professionismo e Lomu iniziò a giocare con la franchigia dei Blues di Auckland. La prima parte della sua carriera professionistica non è durata molto, giusto il tempo di vincere due campionati con la sua squadra e poi c’è stato il primo ritiro per una malattia ai reni.
Un anno dopo ritorna a giocare e partecipa ai mondiali del 1999, quelli vinti dall’Australia. La malattia però non lo lascia in pace; nel 2003 va in dialisi, l’anno successivo si sottopone al trapianto del rene.
Ancora un anno di stop e un nuovo rientro nel rugby giocato, questa volta con i Cardiff Blues. Ma la sfortuna si accanisce con il campione neozelandese: un infortunio alla caviglia lo costringe a lasciare prematuramente la compagine gallese.
La sua carriera termina qui. Qualche anno dopo prova a rimettere le scarpette bullonate, vestendo la maglia del Marsiglia, nella serie C francese, ma l’esperienza dura una sola stagione e pochissime presenze perché le sue condizioni fisiche non sono ottimali e la malattia non gli dà tregua.
Il 18 novembre 2015 Jonah Lomu muore all’età di 40 anni, nei fatti senza aver vinto nulla di importante.
Eppure questo Tir dalle fattezze umane viene da tutti ricordato come il più grande giocatore di rugby di tutti i tempi. È possibile che Jonah Lomu, più che una fantastica creatura, non fosse in realtà una creatura fantastica?