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Il rugby diventa adulto / 1

Padua360°, 13 marzo 2016

 
Storie di rugby
 
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Sono passati tre anni da quel pomeriggio in cui Franco Taralla Pintaldi ha invitato Ciccio Tumino e i suoi amici a “fare due passaggi e a dare qualche calcio a quel pallone che somigliava a un melone” e, finalmente, nel 1970 il rugby ragusano esce dallo stato embrionale e inizia ad assumere una sua fisionomia definitiva.

Pintaldi non c’è più, il suo lavoro lo ha portato altrove, e con lui sono andati via i giocatori catanesi.

Dunque rosa tutta indigena e nuova dirigenza. Presidente dell’A.S. Rugby Ragusa viene eletto Gianni Papa, consiglieri Gaetano Lo Monaco, vicepresidente, Ciccio Tumino, allenatore, Mario Papa, Gino Scrofani e Nunzio Firrincieli.

Tra i giocatori, tutti tra i 17 e i 23 anni, ci sono anche Roberto Sica, Stefano Fiorilla, Nicola Rauseo, Salvatore Ottaviano, Mario Papa, Mimmo Arezzo.

La squadra viene iscritta al campionato di serie D e, in attesa dei promessi contributi pubblici, si parte grazie all’aiuto economico di un gruppo di ragusani.

«Lo fecero esclusivamente per amore del rugby», racconta Ciccio Tumino «Ci prestarono 200.000 lire senza pretendere nessun interesse. Senza di loro, senza quel prestito, il rugby a Ragusa non sarebbe nato!». Oppure sarebbe nato qualche anno più tardi.

Grazie a quella donazione, Tumino e compagni, iscrissero la squadra al campionato di serie D, acquistarono l’occorrente per iniziare a giocare (tra cui la mitica maglietta a righe orizzontali bianche e azzurre) e pagarono le spese per le prime trasferte.

Il debito venne garantito da dodici cambiali firmate da Ciccio Tumino e Gianni Papa e fu interamente ripagato in un anno.

Sette le squadre iscritte al campionato: Barcellona P.G., Milazzo, Misterbianco, Palermo, Patti, Pizzo Calabro e l’A.S. Ragusa Rugby.

La prima giornata vede di fronte l’A.S. Ragusa Rugby contro i calabresi del Pizzo Calabro. Si gioca, sarà per tanti anni, al campo Enal di via Archimede ed è una vittoria netta (“splendida e magnifica” scrive La Sicilia del 4 novembre) per i biancazzurri: 50 a 6. Ci si entusiasma (ancora La Sicilia: “È stato uno spettacolo meraviglioso e la squadra, giostrando alla perfezione, ha confermato le sue grandi possibilità e le speranze di quanti vedono in Tumino e compagni i probabili vincitori del campionato”) ma il problema è già visibile agli occhi di tutti e si chiama ‘soldi’ (“Sempre a patto però che non si sia costretti a rinunciare a qualche incontro per motivi economici. Si ricordi che il Rugby Ragusa non ha una lira e che sarebbe auspicabile che qualcuno (Comune, Provincia, privati, sportivi) venisse incontro a questi benemeriti dello sport, onde consentire loro di tenere alto il nome di Ragusa sportiva”).

In effetti la gara contro Patti, valevole per la seconda giornata di andata, non si disputa. I giornali dell’epoca dicono che i ragusani “hanno riposato”, nella realtà sembra sia stato chiesto un rinvio per mancanza di soldi (l’incontro sarà recuperato il 10 gennaio 1971).

Ma la questione economica continua ad essere così sentita che, sempre su La Sicilia, il 12 si pubblica un articolo dal titolo “Il Rugby Ragusa costretto al forfait?” e vi si legge: “Il Rugby Ragusa […] si trova in grandi angustie e quasi certamente sarà costretto alla rinuncia, domenica, sul terreno amico, contro il quindici del Barcellona. Di questa ipotesi ha parlato lo stesso presidente del sodalizio, Gianni Papa: «Non abbiamo una lira e nessun ente vuol venirci incontro, almeno a brevissima scadenza. Ma gli impegni di campionato non possono certo attendere che noi veniamo in possesso di qualche promesso contributo. Fa male al cuore parlare di rinunce, specie quando si è coscienti delle proprie possibilità: infatti quest’anno noi abbiamo i mezzi tecnici per vincere il campionato e riportare il nostro rugby in serie C»”.

L’A.S. Ragusa Rugby ritorna in campo la domenica successiva, il 15 novembre, per incontrare il Barcellona. Anche in questo caso è partita senza storia: 25 a 6 il risultato finale con 7 mete per i ragusani e 2 per i messinesi. Sarebbe una normale partita, invece si ricorda perché segna l’esordio di Salvatore Leggio, uno dei giocatori che hanno lasciato un segno nel mondo rugbistico ibleo. A Ragusa non si può parlare di rugby senza parlare di Turi “Maciste” Leggio.

Salvatore Leggio, Turi da sempre, “Maciste” da quando gioca a rugby, prima di diventare un rugbista è stato un pugile di buon livello e con un futuro luminoso davanti.

Turi nasce a Ragusa nel 1949. Dotato fin da bambino di una forza straordinaria (quando faceva a botte con i coetanei erano dolori per tutti), inizia presto a lavorare come «scarichino» al locale macello. I quarti di vitello per lui non pesano nulla. A 19 anni, nel 1968, si avvicina alla boxe e nello stesso anno affronta il suo primo avversario sul ring ed è vittoria per KO alla prima ripresa.

Nel 1970 “scopre” il rugby e inizia a giocare, da protagonista, come ala. Nel frattempo però continua a tirare di boxe e nel 1972 si laurea campione regionale dei medio-massimi.

Ecco come lo descrive Giovanni Pluchino su La Sicilia del 25 ottobre 1972, subito dopo la conquista del titolo regionale: “Ottanta chilogrammi per m. 1,76 di altezza; spalle larghe, robuste, muscoli d’acciaio, forza leonina, sguardo fiero, volto incorniciato da una nera, fitta, anche se ancora «novella» barba, espressione di «buono». […] In possesso di un pugno alla dinamite sul ring e di uno spunto di velocità non comune sui rettangoli di gioco della pallaovale”. E se gli si chiede quale dei due sport preferisce, lui risponde di non avere preferenze; “l’importante che mi si dia la possibilità di fare dello sport, di muovermi, di poter sfogare la carica che alberga in me, che mi rende inquieto ogni qualvolta sono costretto all’inattività”.

Il quarto turno, domenica 11 novembre, ha in programma un Milazzo – Ragusa che viene già considerata decisiva per la vittoria finale. Ma prima di arrivare al big match occorre ancora una volta fare i conti con il portafogli. I soldi mancano ed è ancora una volta Gianni Papa a lanciare l’allarme: “Il sindaco, dott. Di Natale, è stato molto comprensivo e ci ha promesso aiuti in gennaio; ma come tireremo fino a metà campionato? Queste prime domeniche le abbiamo affrontate grazie alla comprensione di alcuni privati e del presidente del circolo Turati. Ma ora? Mi creda, non abbiamo una lira e non sappiamo a quale santo rivolgerci”. Un grido disperato, una richiesta d’aiuto urlata a squarciagola perché non vada sprecata una risorsa della città, visto che, come si legge nell’articolo, pubblicato in settimana, “la squadra tecnicamente è fortissima ed è capace di svolgere un gioco arioso, moderno e brillante; un gioco che entusiasma e che aiuta i neofiti a capire il rugby. E questa squadra, composta esclusivamente da ragazzi ragusani, è costretta ad allenarsi e a giocare in quell’autentico pietraio che è l’Enal, ove non esiste acqua e ove il fondo è saltato da un pezzo”.  [1/3]