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12 e 13, i centri
Ragusarugby, 28 aprile 2015
Peppe Gurrieri, Direttore Tecnico del Padua, ci spiega l'importanza dei numeri sulle maglie da gioco.
 
 Buongiorno Peppe. Oggi, seguendo la numerazione,    dovremmo parlare del numero 11. Ma se sei d’accordo saltiamo l’ala e,   correndo  dietro al pallone, dall’apertura passiamo ai centri, i numeri   12 e 13.
Mi sembra logico così, iniziamo.
Apparentemente i due centri   svolgono lo stesso  lavoro, ma evidentemente non è così. Spiegaci le   differenze tra i due  giocatori.
  Il Primo Centro, il numero 12, è l’uomo che in genere riceve    l’ovale dall’apertura. Se è dotato di buona tecnica, può diventare   un’apertura  aggiunta e, in quanto tale, si può impostare un tipo di   gioco che punti proprio  su questa peculiarità. In questo caso, ad   esempio, l’apertura vera e propria  può inserirsi nel gioco d’attacco   con meno patema d’animo perché sa che, se  serve, c’è un giocatore che   può tranquillamente prendere il suo posto. Inoltre,  nelle giocate che   partono da una posizione centrale del campo, si può contare  su due   aperture e quindi sarà possibile giocare sia a destra che a sinistra.    Questa opzione a me piace tanto, e quando ne ho avuto la possibilità   l’ho  utilizzata. Mi è successo lo scorso anno in Under18, quando avevo   Aldo  Incarbone che giocava da centro ma nei fatti era un’apertura   aggiunta.
Se invece il 12 non  dovesse essere un giocatore tecnico?
  In quel caso deve avere un fisico abbastanza possente e il  12   viene utilizzato sia come grimaldello per aprire le difese avversarie   che  come giocatore che, in prima fase, riesce a mantenere il possesso   permettendo  così alla mischia di non sfiancarsi eccessivamente.   Giocando così, si riesce  meglio ad organizzare al largo.
Dunque, nei fatti, si  tratterebbe di una sorta di flanker aggiunto?
  Sì, in un certo senso si può intendere così. Diciamo che    diventa un portatore che dà sicurezza quando, placcato, c’è da mantenere   il  possesso, dando in questo modo il tempo al sostegno di arrivare.
E il Secondo Centro?
  Il 13 invece dev’essere fisicamente molto possente   e  potente. Se ti devo fare l’identikit del secondo centro ideale ti   dico che  dovrebbe somigliare al francese Mathieu Bastareaud. I  nostri   cugini d’Oltralpe lo utilizzano per creare punti d’incontro veloci e lui    è bravo a restare in piedi quando viene placcato, riuscendo così a   mantenere il  possesso.
  Se invece non ha il fisico del centro francese, allora    dev’essere velocissimo, quasi quanto un’ala. Un secondo centro di questo   tipo  è, per esempio, l’All Black Conrad Smith.
Abbiamo parlato delle  fasi di attacco. E in difesa, invece?
  I centri devono essere dei grandi placcatori, i migliori  delle squadre. Anche meglio delle terze linee. 
Forti fisicamente,  dotati tecnicamente, veloci, grandi placcatori… Dei supermen?
  No, dei giocatori completi. Qualunque sia la categoria nella    quale si gioca, il rugby è sempre lo stesso. La differenza la fanno solo   i  fisici dei giocatori.
Dovendo scegliere,  metteresti nel tuo XV due centri più forti in difesa o in attacco?
  Sceglierei un 12 tecnico perché mi piace giocare quel rugby    spumeggiante che praticava il Galles degli anni settanta. Invece vorrei   un 13  più dotato fisicamente, anche perché nel suo canale deve   guardarsi oltre che  dal suo diretto avversario anche dall’estremo
La coppia di centri  più forte al mondo?
  Senza dubbio, anche se ormai è una coppia del passato, gli  irlandesi Gordon D’Arcy e Brian O’Driscoll.
E tra gli italiani?
  La coppia che ha giocato l’ultimo 6 Nazioni, Enrico Bacchin  e   Luca Morisi, due giovani che stanno crescendo. Ma anche Andrea Masi,   quando  finalmente lo fanno giocare a centro, malgrado non sia più   giovanissimo, mi  piace tanto.