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9 e 10, la mediana

Ragusarugby, 27 marzo 2015

 
Peppe Gurrieri, Direttore Tecnico del Padua, ci spiega l'importanza dei numeri sulle maglie da gioco.

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Peppe buongiorno. Oggi parliamo di due giocatori che sono fondamentali in una squadra di rugby: il mediano di mischia e quello di apertura, rispettivamente numero 9 e numero 10. La cosiddetta “mediana”. Ma perché si chiama così?
Perché sono i due giocatori che uniscono la mischia con i trequarti. Sono il trait d’union, la linea di collegamento tra la conquista del pallone e il suo utilizzo.

Iniziamo con il 9. Che cosa fa il mediano di mischia?
Insieme all’apertura è il cervello della squadra. Decide dove e come giocare. Di conseguenza, avere un 9 forte, specialmente a livello mentale, ti dà un vantaggio rispetto a che non ce l’ha.

Quali sono le sue caratteristiche, fisiche e tecniche?
Spesso dal punto di vista fisico è il più piccolo, anche perché essere grande e grosso non deve necessariamente essere la sua caratteristica principale, ma deve avere due polmoni enormi perché il suo ruolo gli impone di correre molto, di essere sempre sul punto.
Poi deve avere un grande senso tattico e un’eccellente visione di gioco, sia riguardo alla propria squadra che alla difesa avversaria. Anche il passaggio, così come per l’apertura, è importante. Paradossalmente ritengo più essenziale il passaggio del mediano che quello dell’apertura, perché il numero 9 è il primo a giocare il pallone.

Spesso lo si vede anche calciare.
Lo fa soprattutto nelle fasi difensive. Dopo la seconda o terza fase, se recuperi una palla trovi certamente un box vuoto perché la squadra avversaria è sbilanciata. Si tratta di un gesto tecnico considerevole.

Altre volte, invece, prova a prendere di contropiede la difesa, attaccando palla in mano.
Sì, accade quando vede le guardie avversarie “distratte”. È normale che in quel caso provi ad entrare. Quello è il suo canale di attacco.

In più dev’esser anche un buon placcatore…
Già. Più che un “buon”, dev’essere un ottimo placcatore perché si ritrova davanti gente che fisicamente è il doppio di lui. Tieni conto che il suo avversario principale è il numero 8. In pratica il gigante e il bambino.

In definitiva un giocatore che placca, calcia, passa, ha visione di gioco. Praticamente un superman!
No, non un superman ma il giocatore più completo che c’è in ogni squadra.

E se tu dovessi far scendere in campo un mediano che ha solo una di queste caratteristiche, chi sceglieresti?
Decisamente quello con la visione di gioco migliore. Per un mediano di mischia essere un leader è fondamentale. Il resto si può costruire o affinare, ma la visione di gioco o ce l’hai o non ce l’hai.

Passiamo al numero 10, il mediano di apertura. Ho visto che talvolta apertura e mediano si scambiano i ruoli. Lo fanno perché sono simili?
Diciamo che sono complementari. Per questo i due ruoli sono intercambiabili. Ma mentre è più facile vedere un mediano che si adatta ad apertura, è più raro l’inverso. Perché? Probabilmente perché all’apertura manca quella cattiveria agonistica che invece ha il mediano.

Cosa occorre per giocare apertura?
Il numero 10 deve avere carisma e visione di gioco, così come il mediano, ma in più deve possedere anche un grande senso tattico nel gioco al piede e le idee molto chiare su come impostare il gioco dei trequarti. Il suo è un lavoro che può passare inosservato ma è fondamentale in ogni squadra. Quando gli altri giocano, lui organizza il reparto arretrato in relazione a quello che accade in campo.

Un’apertura come dev’essere dal punto di vista fisico?
Dev’essere più prestante rispetto al mediano ma il fisico non è così fondamentale. Deve invece avere una buona velocità, sia di corsa che di passaggio. Nel rugby moderno, con le difese che salgono in modo asfissiante, essere veloci e precisi è essenziale.

Prima parlavi di grande senso tattico al piede. Questo presuppone che il mediano di apertura sappia calciare molto bene. È per questo che è lui a calciare tutte le punizioni?
Beh, sì, in generale è lui ad avere il miglior piede della squadra. Anche se non è sempre così: a volte, vedi il Galles, a calciare sono altri.

L’apertura, però, lo sanno tutti, raramente è anche un buon placcatore. Perché?
È vero, ma non ti so spiegare il perché. Forse, se vogliamo dirla con una battuta, perché non ha molta voglia di sporcarsi sapendo di poter contare, nel proprio canale, sulle sue terze linee che invece sono degli ottimi placcatori. Non è un caso che a fine partita la maglia più pulita ce l’abbia proprio l’apertura.

Peppe, quando si parla di buone aperture non si citano mai gli italiani. Come mai?
Credo che il problema stia nella fretta che hanno le nostre squadre. Si tratta di un ruolo importante, le squadre italiane preferiscono andare a prendere un’apertura straniera già formata invece di dare il tempo ai nostri giovani di fare esperienza e crescere. L’esempio emblematico di quanto dico è Tommaso Allan, attualmente forse l’unica apertura di talento ma che per trovare spazio è dovuto andare a giocare all’estero.

Adesso indicami la migliore apertura del mondo.
Se giocasse ancora ti direi Jonny Wilkinson. Attualmente è Dan Carter ad incarnare la perfetta figura dell’apertura.

E in Italia?
Difficile trovarne una di livello internazionale. Allan, oppure Andrea Marcato, utilizzato per una stagione e poi messo da parte. Non si fa così: se credi in un giocatore devi crederci fino alla fine.

Il miglior mediano di mischia?
Mi piacciono i mediani inglesi Danny Care e Ben Youngs.

E tra gli italiani?
Beh, mi piace Edoardo Gori. Ma deve ancora crescere. Mi piacerebbe però vederlo in una squadra meno “matematica” quale è l’Italia. Vorrei che l’allenatore gli concedesse una maggiore libertà di interpretare sia il ruolo che il gioco.