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Maria Occhipinti vista dagli amici

Operaincerta, 14 febbraio 2006

 
Intervista A Letizia Giarratana e Pippo Gurrieri

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Al rientro a Ragusa dopo gli anni di prigionia, Maria Occhipinti trova un ambiente ostile. La famiglia la ripudia, il partito comunista la abbandona. Lei aderisce al gruppo anarchico e, quando lascia Ragusa, gli unici contatti che mantiene con la sua città natale sono quelli con i compagni anarchici.
Abbiamo così chiesto a Letizia Giarratana e a Pippo Gurrieri, responsabili della casa editritce "Sicilia Punto L", di raccontarci di Maria Occhipinti dopo la sua partenza da Ragusa.
Pippo:
Tornata a Ragusa, trova il marito che sta con un’altra donna e viene accolta da molti pregiudizi anche perché lei era stata latitante per alcuni giorni con Erasmo Santangelo, uno dei ribelli, e questo fatto aveva messo in giro una serie di illazioni sui suoi rapporti con il Santangelo, per quanto lei avesse sempre dichiarato che tra di loro non c’era mai stato nulla.
Quindi ritorna a Ragusa ma il marito, un po’ per questi pregiudizi, un po’ perché lei era stata in carcere, un po’ perché non riusciva a stare dietro al suo spirito ribelle, alla sua continua ricerca di emozioni, alla sua rabbia trasformata in impegno, non regge la situazione e si separa definitivamente da lei.
Letizia: Sì, Maria resta a vivere a Ragusa e aderisce al gruppo anarchico. In quel periodo fa diverse cose, tiene conferenze, scrive sui giornali. Però quando l’emigrazione colpisce le figure più importanti del gruppo, tra cui Franco Leggio, parte anche lei. Nel suo libro cita proprio la partenza di Franco Leggio e famiglia, alla fine del 1949, come uno dei motivi che la spingono ad andare via da Ragusa (“Franco pensò di stabilirsi a Napoli, dove conobbe il compagno Grilli […] Grilli mi invitava a fare una vacanza a casa sua. La sua proposta mi fece sognare ad occhi aperti, anche perché, senza il compagno Leggio, Ragusa mi sembrava un cimitero” [tratto da Una donna libera di Maria Occhipinti, Sellerio editore]).
Parte e raggiunge Franco a Napoli, poi comincia un suo percorso che la porterà a Milano, in Svizzera, a Parigi, a Londra, a New York, in California, alle Hawaii, in Marocco, di nuovo in Italia, nuovamente negli Stati Uniti. Praticamente lei vivrà fino agli anni ottanta senza trovare un posto dove realizzarsi definitivamente. Non appena si sistemava, trovava un lavoro e una casa, si sentiva già sazia e andava alla ricerca nuove esperienze in un altro posto.
Pippo: Questo dimostra la sua grande fame di conoscenza, di non sentirsi parte di un solo posto. La sua continua ricerca finisce a metà degli anni ottanta quando, di ritorno un’ultima volta dagli Stati Uniti, dov’era andata a vendere la casa che le aveva lasciato un vecchio socialista americano, sposato per ottenere la cittadinanza, si stabilisce definitivamente a Roma, dove compra una casa a San Giovanni.
A Roma frequenta i gruppi femministi, le personalità dell’arte, della cultura, del cinema. Poi negli anni novanta il morbo di Parkinson comincia ad insidiarla fino a portarla alla morte nell’agosto del 1996.
Letizia: Dopo l’uscita di Una donna di Ragusa, siamo nel 1957, lei ha continuato a scrivere, a raccontare le sue vicissitudini in un diario che ha tenuto fino alla fine. Un grosso lavoro di circa 700 pagine che copre un arco di tempo che va dal 1946 fino a prima della sua morte da lei chiamato Il mio peregrinare per il mondo. Dopo anni di indecisione, la Sellerio decise di pubblicarlo cambiandone il titolo in Una donna libera e pregando la figlia di ridimensionare il testo, di renderlo più leggibile e scorrevole. Il libro è uscito nel 2004, ha 350 pagine e racconta la seconda parte della vita di Maria. La vera Maria Occhipinti la conosciamo proprio in questo periodo. Perché i primi quaran’anni sono gli anni della scoperta del mondo, della rabbia, del confrontarsi con la realtà della guerra. I secondi sono gli anni in cui viene fuori il suo carattere indomito, ribelle. Pensa che anche la figlia ad un certo punto non ce la fa più a reggere il suo ritmo e resta a vivere in Canada. Si ritroveranno a Roma diversi anni dopo.

Che donna era Maria Occhipinti?
Letizia:
Era un carro armato! Una donna travolgente. Chi le stava accanto veniva travolto dalla sua personalità. Era una persona che non poteva stare ferma, sembrava avesse un vulcano dentro. Una personalità fortissima al punto che tutte le persone che l’hanno conosciuta ne sono state toccate per sempre.
Lei era dura, coriacea, ma estremamente sensibile. Fisicamente aveva una corporatura massiccia e quando parlava di qualcosa era sempre molto dura. Però allo stesso tempo era talmente dolce che scriveva poesie, aveva bisogno di coccole. In lei convivevano questi due aspetti.

Se non ci fosse stata la rivolta dei “non si parte”, che donna sarebbe stata?
Letizia:
È difficile rispondere. Poteva diventare una delle tante donne che vivono reprimendo sé stesse ma non lo sapremo mai. Anche se penso che già prima della rivolta il germe della contestazione era dentro di lei e la rivolta di cui è stata protagonista è stata la scintilla che le ha fatto scoppiare tutto dentro. Probabilmente, la sua personalità sarebbe venuta fuori in ogni caso.
Pippo: A questo proposito vorrei aggiungere che lei ha scritto anche delle poesie e che sono tutte inedite, a parte una trentina che sono state pubblicate su un libro scritto dalla ricercatrice francese Ismène Cotensin edito da Sicilia Punto L Edizioni.

Cosa ha fatto in tutti gli anni in giro per il mondo?
Letizia:
Ovunque andasse, era la memoria vivente del gennaio ‘45 a Ragusa. Lei ha sempre conservato in sé quell’esperienza e ovunque andasse trovava una porta che si apriva perché c’era sempre qualcuno che aveva letto il suo libro e che dunque conosceva la sua storia e che le dava da lavorare. Il libro che era il suo biglietto da visita.
E ovunque andava cercava subito di collegarsi con i movimenti di sinistra e anarchici. A parte quando è stata alle Hawaii, in tutti i posti si è sempre interessata dei problemi sociali del posto.

La scelta dei posti dove andare era casuale?
Pippo:
La scelta era molto casuale. Spesso era solo un fatto di curiosità. A questo proposito mi viene in mente l’immagine della mamma con la figlia, all’inizio del film Chocolat, che arrivano in un paese e vi si fermano. Maria sceglieva i posti a caso, proprio per fare una nuova esperienza.

Com’era il suo rapporto con Ragusa?
Pippo:
Il suo rapporto con Ragusa è stato uno dei nodi più importanti della personalità di Maria. Il suo rapporto con la Ragusa della rivolta era indissolubile e forte mentre con la città e con i ragusani era di odio, di amore e odio. Quando lei era partita da Ragusa, aveva giurato di non tornare più, perché si era sentita disprezzata e umiliata. Ed effettivamente per moltissimi anni non è più tornato. Credo per più di vent’anni.
Letizia: È tornata nel 1976 con Piero Forcella che voleva realizzare un documentario per la RAI. In quell’occasione rilasciò interviste molto dure nei confronti dei ragusani. Si lamentava, ad esempio, del fatto che le ragazze ragusane badavano più all’apparire che alla sostanza. Lei diceva “non è la carne ma il cervello ciò che deve contare”.

Che cosa resta oggi di Maria Occhipinti?
Pippo:
Restano parecchie tesi di laurea e parecchie persone che studiano Maria Occhipinti e i fatti di Ragusa. Restano molte copie dei suoi libri. Resta l’onore e l’onere di non aver affossato nell’oblio della storia le sommosse antimilitariste del gennaio 1945. Resterebbe anche una piazza della nostra città intitolata a lei da più di un anno, sarebbe la rotonda di via Roma, anche se finora, nonostante una delibera del comune di Ragusa, la Deputazione di Storia Patria di Catania non ha ancora dato il nulla osta. Se le cose non si sbloccano, allo scoccare del decimo anno dalla morte, il 20 agosto di quest’anno, saremo noi ad apporvi la targa, così come abbiamo fatto in piazza San Giovanni per i braccianti uccisi dai fascisti il 9 aprile 1921. Ma al di là di tutto ciò, la figura di Maria Occhipinti resta comunque nella storia come uno di quei personaggi che hanno contribuito a dare una coscienza a questo territorio