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Sarabandabardò

Operaincerta, 14 ottobre 2005

 
Il concerto della BandabardÒ a Comiso
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Da diciotto anni in provincia di Ragusa, a Comiso, fino a qualche tempo fa conosciuta nel mondo per la base missilistica americana, si svolge una manifestazione che ogni anno richiama folle di persone e artisti di prim’ordine e di ogni genere (Enrico Rava, Claudio Bisio, Gino Bramieri, I Nomadi, James Senese, tanto per citarne qualcuno).
Stiamo parlando del “Settembre Casmeneo”, manifestazione organizzata dal Comune di Comiso in collaborazione con la Provincia Regionale di Ragusa, l’AAPIT di Ragusa e la Banca Agricola Popolare di Ragusa, sotto la direzione artistica del professore Mario Pollicita.
Nel cartellone dell’edizione di quest’anno c’erano, tra gli altri, Giobbe Covatta, Marlene Kuntz, Richard Galliano, Francesco Cafiso, Roy Paci, Negramaro. Operaincerta ha scelto di recensire il concerto della Bandabardò.
Cominciamo col dire che il posto, il cortile della Fondazione Bufalino, è incantevole ma inadatto ad ospitare spettacoli di musica “apparentata” con il rock: l’ambiente chiuso crea troppi rimbombi, i suoni si impastano l’un l’altro, tutte le sfumature musicali si perdono e quello che gli artisti dicono o cantano diventa incomprensibile.
La Bandabardò, evidentemente, ha capitò tutto ciò e ha proposto uno spettacolo a basso volume, senza però arrivare al livello di costringere gli spettatori a munirsi di apparecchi acustici per ascoltare le loro note e le loro voci.
Il concerto si è aperto con una serie di brani, Sogni grandiosi, Tre passi avanti, Sette sono i re, Sans papiers, giusto per far capire, a chi non li conosceva, a che genere di spettacolo avremmo assistito: un concerto tutto ritmo, impegno e ironia. Che è, in effetti, quello che la Bandabardò è sempre stata, anche se negli ultimi dischi si percepisce una maggiore maturità e ricchezza musicale.
Dal vivo, però, la Bandabardò è sempre la solita Banda che riesce a far muovere tutta la platea e il concerto cui abbiamo assistito è stato un concerto tutto in apnea, quasi senza pause, senza un attimo per fermarsi a respirare e nel quale la prima pausa si è avuta solo dopo la sesta canzone, L’estate paziente!
Dopo un’altra tirata, durante la quale tutto il pubblico ha continuato a dimenarsi e la Banda a suonare saltando (ma come fanno a saltellare per il palco e, contemporaneamente, a suonare?) arriva il momento del primo dei tre omaggi della serata: El tren se fue, una canzone di Manu Chao mai incisa su disco e che il cantante francospagnolo esegue solo dal vivo, mentre gli altri due omaggi saranno alla coppia Dario Fo/Enzo Jannacci, Sempre allegri (“sempre allegri bisogna stare…” sono versi di Ho visto un re), e a Lucio Battisti, Una giornata uggiosa (cover presente nel CD “Iniziali Bì-Bì”).
Poi è la volta di Mojito FC, che finisce con il coro del pubblico “chi non salta Berlusconi è” e con la Banda che accompagna il canto.
E subito dopo, come se tutto fosse stato preparato in anticipo, ecco che Erriquez presenta La fine di Pierrot dicendo che è un canzone che racconta la storia di un re bugiardo (delle due l’una: o che c’era qualcuno della Banda tra il pubblico a dare il via al “chi non salta” oppure la sintonia tra la Banda e il suo pubblico è eccezionale).
Nonostante le 150 serate in un anno (la tournée è partita il 14 agosto 2004 e si concluderà in questi giorni) la Banda ha ancora voglia di suonare e scherzare. Scherzano tra di loro (durante alcune canzoni si tirano palle di carta), scherzano con il pubblico (in Cuore a metà dividono il pubblico in due metà e le fanno cantare un po’ ciascuno), scherzano con i componenti dello staff (ne invitano due sul palco a cantare Centro di gravità permanente di Franco Battiato e Sciuri sciuri, visto che siamo a Comiso e che uno dei due cantanti è catanese), scherzano con le loro canzoni (Hamelin song finisce con un assolo di basso e con alcune frasi del famoso Casatchok (che fu portato al successo in Italia da Dori Ghezzi nel 1969).
E quando siamo più che convinti che il credo della Bandabardò è il ritmo, ecco che ascoltiamo, dopo un verso del Mondo difficile di Carotone e una profezia (che vuol anche essere un auspicio) “siamo sicuri che questa sarà l’ultima estate in cui avremo come Primo Ministro Silvio Berlusconi”, una versione molto lenta di Vento in faccia. Pubblico spiazzato, perché nessuno si aspettava una Banda alla moviola, fino al punto da rendere irriconoscibile una loro canzone, e rispiazzato perché dopo lo sbandamento che dura il tempo di una strofa, la canzone ritorna al suo ritmo originale.
Fine della prima parte. La Banda lascia il palco ma le luci non si accendono mentre dagli altoparlanti si diffondono le note di Beppeanna. Tutto il pubblico si sostituisce a Erriquez e la canta a squarciagola fino alla fine. Finita la musica c’è un attimo di silenzio e poi salgono sul palco sei militari americani. Ma è un altro scherzo che serve a presentare Il circo Mangione, anche questa in versione molto lenta rispetto all’originale. Questa volta il senso di questa “lentezza” è quello di ridicolizzare gli americani e le loro scelte politiche e culturali. A metà canzone una pioggia di cartoncini colorati che cade su tutto il pubblico accentua ancora di più l’idea del mondo visto come un circo.
La Banda è allegra, si diverte, ed ecco pronta la nuova gag: Erriquez presenta Ramon come se fosse un anziano cantante messicano che canta canzoni d’amore per gli americani che vanno in vacanza. Ramon inizia a cantare una vecchia canzone messicana ma serve solo a fare da prologo per Ubriaco canta amore.
Il concerto volge al termine e Beppeanna ci fa capire che ci siamo. Ma la Banda sembra non averne abbastanza perché il pezzo inizia con Comme facette mammeta suonata con un assolo di chitarra, e quando la canzone che abitualmente fa da sigla finale ai loro concerti inizia, il pubblico la canta ancora una volta. Poi, come se fosse una sola canzone, arriva l’inno della Banda, Bandabardò, cantata, se possibile, ancora con più forza e voce da tutti i presenti.
Il concerto sembrerebbe finito ma la Banda non finisce di stupirci e ci regala ancora una canzone che, è Erriquez a spiegarcelo, “racconta come sarà la vita quando ci governeranno le persone che privilegiano la vita, il rispetto, il sorriso”. E inizia Succederà.
Si accendono le luci, la Banda poggia gli strumenti a terra e, invece di andare via, resta sul palco a salutare con That’s amore (la famosa canzone che cantava Dean Martin) che nel frattempo gli altoparlanti diffondono. È la dichiarazione d’amore della Banda verso il suo pubblico (un amore ampiamente ricambiato, visto il successo che i sei ragazzi toscani hanno avuto e continuano ad avere).

La scaletta:

  • Sogni grandiosi
  • Tre passi avanti
  • Sette sono i re
  • Sans papiers
  • Aò?!
  • L’estate paziente
  • 20 bottiglie di vino
  • Il mistico
  • Manifesto
  • Ewa
  • El tren se fue (Manu Chao)
  • Mojito f.c.
  • La fine di Pierrot
  • Sempre allegri
  • Una giornata uggiosa
  • Cuore a metà
  • Centro di gravità / Sciuri Sciuri (cantate da Simone e Tommaso)
  • Hamelin song
  • Vento in faccia
  • Il circo Mangione
  • Mexicostipation (cantata da Ramon)
  • Ubriaco canta amore
  • Beppeanna
  • Bandabardò
  • Succederà

La Banda:
Enrico Erriquez Greppi – voce, chitarra acustica
Alessandro Finaz Finazzo – chitarra (fumosa, virtuosa, gloriosa)
Marco Donbachi Bachi – basso
Andrea Orla Orlandini – chitarra e tastiere
Alessandro Nuto Nutini – batteria
Josè Ramon – percussioni, tromba, voce